Dicevamo e ribadiamo. Sono state le elezioni dei duelli. Giorgia Meloni ed Elly Schlein, Salvini contro Tajani. E anche se a distanza, senza riferimenti, l’un l’altro: Vannacci e Tarquinio – entrambi sono i valori aggiunti a una forma partito che ai rispettivi andrebbe stretta ma in grado di ricompattare un pensiero disperso rispettivamente a destra e a sinistra. Erano senza avversario da battere e sono state battute, anche Alessandra Mussolini e Renata Polverini.
Chi non è entrato nella logica del duello, chi non aveva un avversario supremo da battere ha perso. Fatta eccezione degli amministratori del PD che contavano su voti propri, queste elezioni mostrano degli esclusi eccellenti. Si chiama Vittorio Sgarbi: con 22,873 preferenze raccolte al Sud non arriva a Bruxelles. Stesso flop per Borghi che aveva ipotizzato una richiesta di dimissioni da parte del Presidente della repubblica – ma forse si è cercato l’avversario sbagliato troppo alto in grado. Non gli ha portato fortuna, anzi. Appena 8.772 voti di preferenza. Anche Tarquinio non gli porta bene la lista del PD o l’essere diventato il vero emblema pacifista nel centrosinistra riformista: 27.859 voti di preferenza. Ma lo stesso vale per l’altra attivista Dem Jasmine Cristallo con 34.232 voti.
Gli stessi avversari dai quali ci si aspettavano frizioni hanno invece tenuto il distacco dalle polemiche, pur rappresentando entrambe l’orientamento liberal democratico, quindi naturali competitori, non si sono sfiorati con nemmeno un’invettiva. Sono Calenda e Renzi. E infatti non ce l’hanno fatta nessuno dei due. Ma il risultato di Renzi è particolarmente deludente vista la compagine di simboli e personaggi variegati che erano presenti nella lista Stati Uniti d’Europa.
Una benedizione dal cielo invece la candidatura di Ilaria Salis (156.433 preferenze) che passa e consente praticamente all’Alleanza Verdi e Sinistra di rafforzare il suo marchio ma lasciando a terra tanti.
Ma nel Parlamento europeo è tanta e tale lo stuolo delle rappresentanze e nuovi i problemi per arginare una destra arrembante che i nostri eletti potranno fare ben poco. Andando a vedere in ciascun partito non è che rappresentano questa forza della natura tale da poter imprimere la loro presenza.
Al PD andranno da i venti e i ventidue seggi. AL Movimento Cinque Stelle dagli otto ai dieci. E poi c’è Forza Italia (7 – 9), poco più della Lega a cui vanno dai sei agli otto seggi per essere il quinto classificato. Uno in meno per Verdi e Sinistra. Chiaramente a fare bingo sono quelli di Fratelli d’Italia con 22 o 24 seggi.
IL resto è nulla. Almeno in Europa. Ma il problema sarà essere qualcosa per quei settantasei che entreranno al Parlamento di Bruxelles, dall’alto della loro elezione.