Osservando tanto le dinamiche politiche, quanto gli avvenimenti quotidiani, emerge una curiosa coincidenza tra eventi che si manifestano in stretta successione temporale, spesso legati da un sottile filo comune. Quando tale concomitanza si presenta, la spiegazione più plausibile sembra risiedere in una causa connessa, un fattore originario che influenza entrambi gli eventi più di quanto non facciano le variabili prese singolarmente. In Italia infatti, un nuovo scossone scuote il dibattito politico e istituzionale: la Commissione europea, tramite l’ECRI (Commissione Europea contro il Razzismo e l’Intolleranza), ha mosso gravi critiche verso il nostro Paese, denunciando episodi di presunta discriminazione soprattutto da parte delle Forze di Polizia nei confronti degli immigrati. L’accusa, diretta a un’istituzione cardine dello Stato, getta un’ombra pesante sul sistema italiano e sembra riecheggiare una sfida morale e simbolica che va oltre il singolo episodio. Più che un attacco alla Polizia, si percepisce una critica all’intero assetto istituzionale.
La coincidenza – Questo scenario si intreccia, con una vicenda sullo stesso tema in occasione della ripresa del processo contro l’ex Ministro dell’Interno, Salvini. Infatti a ridosso dell’udienza del 18 ottobre, chiamato a rispondere di gravi accuse riguardanti l’immigrazione, ecco che subito dopo, il 22 ottobre, la Commissione sente la necessità di pubblicare una nota di biasimo nei confronti dell’Italia, mantenuta fino allora in sospeso, contenente ben 15 raccomandazioni rivolte alle autorità italiane per migliorare la lotta contro la discriminazione. Si tratta di una evidentissima coincidenza che, per molti osservatori, non sarebbe casuale. Il monito europeo, pur non accompagnato da sanzioni giuridiche, esercita una pressione simbolica di rilievo e sembra destinato a influenzare l’opinione pubblica e il clima giudiziario in cui il processo si svolge. In altre parole, mentre si dibatte in Tribunale il presunto comportamento discriminatorio di Salvini, l’Italia è sottoposta a un biasimo formale che amplifica l’attenzione su tali questioni.
La paradossale accusa – Spesso, si ha l’impressione che le emergenze dei nuovi arrivati ricevano maggiore attenzione rispetto alle necessità degli italiani le cui problematiche sociali, consolidate nel tempo, rischiano di essere ulteriormente rimandate. La percezione che emerge è quella di una gestione delle priorità che tende posporre le esigenze di chi vive già in situazioni di bisogno, ad indirizzare il sostegno più verso i migranti che verso le necessità interne. Ritenendo quindi privo di fondamento l’ammonimento formulato dalla commissione verso l’Italia, sorge allora spontaneo chiedersi se non esiste invece un parallelismo con il processo in corso contro Salvini, figura simbolica del potere esecutivo pro tempore del nostro Paese. Che questa coincidenza temporale sia casuale sembra, a dir poco, improbabile.
La prussiana puntualità – La sorpresa all’interno delle istituzioni italiane è palpabile: pare che nessun rappresentante governativo fosse stato informato preventivamente della reprimenda in preparazione, privando l’Italia dell’opportunità di precisare in merito alle accuse formulate. Questa mancanza di comunicazione ha lasciato senza risposta il nostro Paese, rappresentato in sede europea da un delegato che avrebbe potuto presentare in tempo utile, una prospettiva nazionale capace di smorzare o almeno bilanciare le accuse avanzate. La censura formale colpisce, dunque, sia la sostanza dell’accoglienza, sia l’immagine del Paese, già messa alla prova dalle difficoltà di gestione del fenomeno migratorio. Ora resta da vedere quale posizione prenderà il Governo nelle Sedi ufficiali e quale impatto avrà questa vicenda sull’immagine e la politica italiana all’estero.