Lacune procedurali – La notifica tardiva del mandato d’arresto internazionale ha reso inapplicabile sul territorio italiano l’ordine di arresto del Generale libico Almasri. Questo ritardo ha invalidato l’esecuzione del mandato di cattura. Di conseguenza, a fronte della pericolosa presenza libica in Italia, l’ indirizzo di Governo, espresso dal Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, dal Ministro della Giustizia Carlo Nordio, dal Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e dal Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, è stato quello dell’espulsione anziché per l’arresto e la consegna alle autorità internazionali del ricercato. In primo luogo, va detto che se non è stata eseguita la corretta procedura di notifica o di comunicazione formale alle Autorità competenti (Ministero della Giustizia o degli Esteri), questo ha formalmente reso il mandato internazionale inapplicabile sul territorio italiano.
La denuncia – Attualmente, i menzionati Organi di Governo sono indagati per favoreggiamento e peculato in relazione a questa vicenda. In primo luogo va detto che se non è stata eseguita la corretta procedura di notifica o di comunicazione formale, così come viene sostenuto dalle Autorità competenti (Ministero della Giustizia o degli Esteri), questa ha formalmente reso il mandato internazionale inapplicabile sul territorio italiano. E perché? Perché quando una persona ricercata da un organismo come la Corte Penale Internazionale o attraverso un mandato Interpol transita in un Paese, le Autorità locali devono essere formalmente avvisate mentre il mandato deve essere convalidato secondo il diritto nazionale. Questo include l’intervento della Magistratura per decidere sull’arresto e sull’eventuale estradizione. È quindi conseguente che se la notifica non è arrivata in tempo, o se non sono state attivate le procedure giuridiche entro i termini previsti, l’Italia si sarebbe trovata con le mani legate. In questo caso, l’espulsione è stata l’unica via percorribile per rimuovere una persona considerata pericolosa senza violare le norme interne. Questa lacuna procedurale viene usata come argomento di difesa dal Governo il quale sostiene che se il mandato non era valido o non rispettava i requisiti di legge, l’espulsione è stata una scelta legittima.
Il motivo del ritardo – È importante sottolineare che la richiesta di arresto pervenuta in Italia presentava alcune complessità che ne hanno influenzato la tempestiva esecuzione. Innanzitutto, la documentazione era redatta in inglese, il che ha richiesto tempi aggiuntivi per la traduzione ufficiale in italiano, necessaria per garantire una corretta comprensione da parte delle autorità competenti. Sebbene la lingua inglese sia ampiamente utilizzata nelle comunicazioni internazionali, la procedura italiana prevede che gli atti giudiziari siano tradotti nella lingua nazionale per essere legalmente validi e operativi. Inoltre, la richiesta non si limitava a una breve comunicazione di uno o due fogli, ma consisteva in un fascicolo di ben 40 pagine. La mole di documentazione ha inevitabilmente prolungato i tempi necessari per la traduzione e l’analisi dettagliata del contenuto. Questo processo è stato ulteriormente rallentato dalle procedure burocratiche e dalle necessarie verifiche interne, tipiche delle comunicazioni riservate tra enti governativi e giudiziari. Di conseguenza, non sorprende che tra il momento dell’arrivo della documentazione e la sua completa valutazione da parte degli organi competenti sia trascorso un lasso di tempo superiore a quello auspicabile per una pronta esecuzione del mandato. Questi ritardi hanno sicuramente influito sulla capacità delle autorità italiane di agire tempestivamente secondo le indicazioni della Corte per l’arresto del Generale Almasri.
Ragion di Stato – Obbiettive considerazioni diplomatiche ed economiche con la Libia hanno influenzato la decisione di optare per l’espulsione anziché l’arresto. L’espulsione di una persona ricercata, può essere giustificata non solo da motivi procedurali, ma anche da considerazioni diplomatiche e strategiche. L’Italia ha infatti, inteso evitare ripercussioni politiche o economiche con la Libia che è un partner cruciale, soprattutto per gli interessi energetici italiani. Arrestare un Generale libico nonché membro attivo del Governo in qualità di Capo della Polizia Giudiziaria, avrebbe compromesso certamente le relazioni bilaterali, causando ritorsioni, come la riduzione della cooperazione sulla gestione dei migranti o ancor più pesantemente avrebbe determinato immediate ripercussioni nel settore energetico a fronte di uno scambio annuale di oltre nove miliardi di euro. In casi come questo, la “ragione di Stato” può essere invocata come giustificazione politica per decisioni che, seppur controverse, non violano direttamente la legge, specie se la magistratura non aveva una base procedurale solida per trattenere il soggetto. Anche in questo caso, affinché il reato sia configurabile, sarebbe necessario dimostrare l’intenzionalità di un abuso.
Conclusione – La vicenda dell’espulsione del Generale libico Almasri evidenzia un complesso intreccio tra obblighi giuridici internazionali e considerazioni di politica interna. Da un lato, la Magistratura italiana ha il dovere di indagare su possibili violazioni delle leggi nazionali e degli obblighi derivanti dallo Statuto di Roma, che impone la cooperazione con la Corte Penale Internazionale. Dall’altro, l’espulsione di Almasri è stata una decisione necessaria per garantire la sicurezza nazionale e preservare relazioni strategiche con la Libia, partner cruciale per l’Italia in ambiti come l’energia e la gestione dei flussi migratori. Di contro, la mancata esecuzione del mandato d’arresto internazionale e la successiva espulsione hanno sollevato critiche sia a livello nazionale che internazionale, con accuse di favoreggiamento e peculato rivolte ai membri del Governo. In attesa delle decisioni delle Autorità giudiziarie competenti, la vicenda rimane al centro del dibattito pubblico, evidenziando la delicata bilancia tra il rispetto degli obblighi internazionali e la tutela degli interessi nazionali.